Con le budella in pace chiunque può avere delle idee.
(José Saramago)
È nato prima l’uovo o la gallina? è il mal di pancia che “non ci fa concentrare” o sono le nostre ansie che “ci fanno venire la gastrite”?
In altre parole, che rapporto c’è tra la nostra mente e il nostro corpo?
E soprattutto, come possiamo usare quello che sappiamo per aiutare nostro figlio che soffre di intestino irritabile?
In questo articolo vedremo come il rapporto tra mente e intestino è più stretto di quello che si pensi e di quali sono le cure più indicate per un bambino che soffre di dolore addominale cronico.
Il dolore addominale cronico
Il dolore addominale cronico o ricorrente è uno dei disturbi più frequenti nei bambini e negli adolescenti e rappresenta una delle cause più comuni di visite pediatriche oltre che influenzare significativamente la qualità della vita del bambino e della sua famiglia. Secondo un importante studio olandese del 2015 che ha incluso quasi 200.000 bambini, la prevalenza dei disturbi funzionali addominali è pari al 13,5%.
Tra questi il dolore addominale ricorrente è un disturbo comune tra bambini e adolescenti e si definisce come un dolore all’addome di tipo cronico, ovvero quando il dolore dura almeno due mesi, in forma continua o intermittente. In questo articolo parleremo di quali sono i disturbi associati al dolore addominale ricorrente, quali sono i sintomi che possono segnalare una malattia sottostante e come aiutare il proprio bambino o ragazzo a gestirlo.
Perché bambini e adolescenti possono avere mal di pancia cronico?
Le cause si dividono principalmente in due gruppi, le cause organiche e le cause funzionali (anche chiamate disordini dell’interazione cervello-intestino).
Le cause organiche sono legate a malattie o condizioni fisiche specifiche, come intolleranze alimentari (ad es. la celiachia), infiammazioni intestinali (come il morbo di Crohn) o infezioni varie (da microorganismi più o meno comuni). Queste situazioni sono spesso accompagnate da “campanelli d’allarme” come febbre, perdita di peso, crescita rallentata, sangue nelle feci, ecc, una serie di sintomi così importanti da causare anche risvegli notturni o avere un impatto importante sulle attività della vita quotidiana
Nelle cause funzionali invece il dolore non è legato a una malattia specifica visibile con esami o analisi, ma nasce da un insieme di fattori: l’intestino può muoversi in modo irregolare, essere più sensibile del normale, avere piccole alterazioni della mucosa o del microbiota (i batteri “buoni” che vivono nell’intestino), oppure il cervello può elaborare i segnali del dolore in maniera diversa. Tutto questo accade senza che ci sia una malattia organica precisa da diagnosticare.
Proprio perché oggi la scienza riconosce sempre di più l’importanza del legame tra intestino e cervello, molti esperti preferiscono parlare di “disturbi dell’interazione cervello-intestino” invece che di “disturbi gastrointestinali funzionali”.
Le principali forme di disturbi funzionali addominali sono:
- Sindrome dell’intestino irritabile (IBS): dolore addominale ricorrente associato ad alterazioni dell’alvo (diarrea, stitichezza o alternanza di entrambe).
- Dispepsia funzionale: fastidio o dolore ai quadranti superiori dell’addome, spesso legato ai pasti, accompagnato da sensazione di pienezza precoce, gonfiore e nausea.
- Emicrania addominale: episodi ricorrenti di dolore addominale, spesso associati a nausea, vomito, pallore e mal di testa.
- Dolore addominale funzionale non altrimenti specificato: casi che non rientrano nelle categorie precedenti ma che rispettano i criteri di cronicità.
Come si fa la diagnosi?
La diagnosi del dolore addominale cronico parte da una una dettagliata anamnesi, cioè la raccolta da parte del pediatra di tutte le informazioni raccontate dal paziente e dalla sua famiglia: è fondamentale raccogliere informazioni sulla frequenza, durata e localizzazione del dolore, eventuali fattori scatenanti (cibi, stress), sintomi associati (nausea, vomito, diarrea, stitichezza) e storia familiare di disturbi gastrointestinali. Segue poi una visita medica accurata durante la quale il pediatra valuterà la crescita del bambino, eventuali segni di malnutrizione, lesioni cutanee, dolore alla palpazione addominale e altri segni che potrebbero suggerire una causa organica.
Infine, il pediatra potrebbe decidere di prescrivere degli accertamenti come esami del sangue o delle feci, esami radiologici (radiografie, ecografie, risonanze magnetiche) fino a procedure più invasive, come l’endoscopia digestiva.
Qualora fosse posta una diagnosi di malattia organica, il pediatra indirizzerà il paziente verso un percorso di cura specialistico adeguato.
Nel caso invece di diagnosi di disturbo di natura funzionale, sarebbe auspicabile una presa in carico multidisciplinare, con un approccio che combini l’aspetto medico (quindi nutrizionale, farmacologico etc.) e quello psicologico.
Il trattamento del dolore addominale cronico funzionale: curare il corpo e la mente
Molti genitori si trovano a dover affrontare problemi apparentemente separati nei loro bambini: mal di pancia persistenti, difficoltà digestive, o cambiamenti nel comportamento come ansia, irritabilità o difficoltà a scuola. Ma cosa succede se questi due aspetti sono collegati? Come già discusso, negli ultimi anni, sempre più studi hanno dimostrato l’esistenza di un legame stretto tra il cervello e l’intestino. Il trattamento del dolore addominale funzionale richiede un approccio personalizzato che consideri sia gli aspetti fisici sia quelli psicologici. Quando un bambino vive situazioni di stress, ansia o paura, il cervello invia segnali che possono alterare il normale funzionamento dell’intestino, causando sintomi come dolore addominale, gonfiore, diarrea o stitichezza. Allo stesso modo, un intestino irritato o infiammato può inviare segnali al cervello, influenzando l’umore e il comportamento del bambino.
Come già detto per aiutare un bambino che soffre di disturbi gastrointestinali connessi a problemi psicologici, è fondamentale adottare un approccio integrato, in cui la valutazione medica, l’aspetto emotivo e lo stile di vita siano presi in considerazione.
La Terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC) per il dolore addominale cronico
Quando la diagnosi conferma una natura funzionale del dolore, la Terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC) si è dimostrata uno degli interventi psicologici più efficaci. Numerose revisioni sistematiche e meta-analisi hanno confermato che la TCC non solo riduce l’intensità e la frequenza del dolore, ma migliora significativamente la qualità della vita, la frequenza scolastica e le capacità di gestione del bambino, con benefici che si mantengono nel tempo. L’obiettivo della TCC non è “convincere” il bambino che il dolore “è solo nella sua testa” — il dolore è reale e viene percepito fisicamente — ma fornirgli strumenti pratici per gestire l’interazione tra pensieri, emozioni e sensazioni fisiche. Si tratta di un approccio attivo e collaborativo, in cui il bambino e i suoi genitori diventano protagonisti del percorso di cura.
Le fasi della terapia: un percorso guidato per stare meglio
Il percorso di TCC è un viaggio strutturato, solitamente breve, che si articola in diverse tappe e prevede il coinvolgimento attivo sia del bambino sia dei genitori. La prima fase è dedicata alla valutazione e alla psicoeducazione, durante la quale il terapeuta raccoglie informazioni dettagliate sull’impatto del dolore e spiega, con un linguaggio semplice, il modello dell’interazione cervello-intestino. Un passaggio fondamentale è illustrare il circolo vizioso del dolore: una sensazione fisica scatena un pensiero catastrofico (es. “Starò malissimo“), che a sua volta genera ansia e reazioni fisiologiche di tensione, portando a comportamenti di evitamento che non fanno altro che aumentare la percezione del dolore e peggiorare la qualità della vita. Comprendere questo meccanismo è il primo passo per poterlo smontare.
Successivamente, si entra nella fase centrale, quella dell‘apprendimento delle tecniche. Qui il bambino e i genitori acquisiscono una vera e propria “cassetta degli attrezzi” per interrompere il circolo vizioso, esercitandosi su strategie concrete sia in seduta che a casa. L’ultima fase è dedicata all’applicazione di queste abilità nella vita reale e alla prevenzione delle ricadute. L’obiettivo è consolidare i progressi, aumentare la fiducia del bambino nelle proprie capacità e preparare un piano d’azione per il futuro, in modo che la famiglia si senta autonoma e preparata a gestire eventuali difficoltà, sapendo che una giornata “no” non rappresenta un fallimento ma una normale parte del percorso.
Le tecniche principali della TCC: la cassetta degli attrezzi in dettaglio
Gli strumenti che la TCC mette a disposizione sono molteplici e vengono adattati all’età e alle necessità del singolo bambino. Un primo gruppo di strumenti è costituito dalle tecniche di rilassamento, fondamentali per calmare la risposta fisiologica allo stress. Attraverso la respirazione diaframmatica (la “respirazione di pancia”) e il rilassamento muscolare progressivo, il bambino impara a ridurre attivamente la tensione muscolare addominale e l’attivazione generale del corpo, abbassando così il “volume” del dolore percepito.
Un’altra tecnica cardine è la ristrutturazione cognitiva, che insegna al bambino a diventare un “detective dei pensieri”. L’obiettivo è imparare a identificare e modificare i pensieri catastrofici legati al dolore, come “questo dolore non passerà mai” o “c’è qualcosa di grave che i medici non trovano“. Il terapeuta guida il bambino a riconoscere questi pensieri, a valutarne la fondatezza e a sostituirli con interpretazioni più realistiche e utili, trasformando il dialogo interno da una fonte di ansia a una risorsa di gestione.
Poiché il dolore cronico porta spesso a evitare attività importanti come la scuola o lo sport, la TCC utilizza le tecniche di esposizione. Attraverso un‘esposizione graduale e controllata alle situazioni temute, il bambino sperimenta che può affrontarle e che il dolore, anche se presente, non è invalidante come temeva. Questo processo aiuta a rompere il legame tra una certa attività e l’aspettativa del dolore, restituendo al bambino pezzi importanti della sua vita. Parallelamente, si insegnano abilità pratiche di problem solving e strategie di coping, come la distrazione focalizzata, per gestire attivamente i momenti di difficoltà.
Infine, un elemento imprescindibile per il successo della terapia è il coinvolgimento attivo dei genitori. Il percorso li aiuta a riconoscere e modificare i comportamenti protettivi eccessivi (come le continue domande sul dolore o il permettere di saltare la scuola) che, sebbene mossi da buone intenzioni, possono involontariamente rinforzare il comportamento di malattia. I genitori imparano a rispondere in modo calmo ed empatico, ma allo stesso tempo fermo, diventando dei veri e propri “coach” che incoraggiano il figlio a usare le sue nuove abilità e a mantenere una vita normale e attiva.
Conclusione: un approccio integrato per ritrovare il benessere
In conclusione, il dolore addominale cronico funzionale nei bambini è una condizione reale e complessa, che nasce dalla stretta connessione tra mente e intestino. Affrontarlo richiede di andare oltre la semplice ricerca di una causa organica e di adottare un approccio integrato che tenga conto del benessere psicologico del bambino. Come abbiamo visto, la Terapia Cognitivo-Comportamentale offre una “cassetta degli attrezzi” scientificamente validata, fornendo a bambini e genitori le strategie per spezzare il circolo vizioso di dolore, ansia ed evitamento. Imparare a gestire i pensieri, calmare il corpo e affrontare le paure non significa negare il dolore, ma riprendere il controllo sulla propria vita e ridurre l’impatto che esso ha sul benessere quotidiano. Se vostro figlio sta lottando con questo disturbo, parlarne con il pediatra e considerare un percorso psicologico specializzato non è un segno di sconfitta, ma il primo, fondamentale passo per restituirgli la serenità e la possibilità di vivere appieno la sua infanzia.
dott. Giacomo Colella – Pediatra
dott. Davide Nahum – Psicologo
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